mediana

esiste;
in una poesia
è un dato di fatto,
tutto il taciuto trema,
ma in questa lirica
possiamo immaginare
una via di scampo,
aprire una porta invisibile
dimenticando le fini frane di parole,
gli smottamenti, fingere
un vuoto di memoria,
potrei scrivere dell’ultima perturbazione,
soffermarmi sulla friabilità
di quest’anno, sulle sue sfumature
bianche, oppure, più onestamente,
staccarmi la maschera e restare
nei quaranta giorni,
nelle tue tentazioni, parlare
di come tutto facilmente muti,
guarda per esempio i cumuli di neve
sporca ai margini delle strade,
la dissonanza
tra il crepitio dei fiocchi
e il fetido tintinnio del ghiaccio,
l’orrore della morte, l’inevitabilità del tempo
e dei sentimenti confusi nei miei occhi,
poi la triste storia della conta,
un’assenza, due, tre,
o se preferisci
una presenza provvisoria
che avvizzisce e rifiorisce
nelle stagioni.

arrêter le vent

I

C’è un inverno che gira molti silenzi
in un film bianco,
il vento tra gli abeti cambia voce
e mani, non si prevede alcuna tregua,
il respiro del taglialegna
trema in tutta la pellicola; non c’è scampo,
la foresta crepita, è un serio passaparola,
nessun uomo può arrestare il vento.

II

La neve fiocca in tutta la foresta
e sulla bocca aperta
dei pochi personaggi,
sciogliendosi
al calore dei corpi;
è un passaparola il silenzio,
freddo come l’inverno
che ingoia pellicola e personaggi.

III

Lei canta di come il cielo
baci silenziosamente la terra,
ma non è più come prima la voce,
i boschi stormiscono sommessi.

IV

L’inverno è una temibile assenza,
le braccia e il respiro affannato
di lei rompono il silenzio, le increspature
delle acque li dividono perfino nei ricordi.

montaggio di un pezzo di ricambio

C’è questo studio a pagina trentotto e una troupe che gira un film girando per i camerini, le luci, gli specchi, i pennelli, i rossetti, i profumi e le parrucche e i vestiti e tutto è pervaso da una presenza femminile assente.
Un’aura suggestiva e nudi bellissimi, curve bianche, morbide, senza testa, tutto sommato le modelle non vogliono farsi vedere e la troupe fuma troppe sigarette,  beve tazze spropositate di caffè.
A pagina trentotto lui è con Sandra ma lei lo lascia ancora, fuggendo da una fuga, un’uscita laterale dello studio le permette di tornare sempre con la sua lunga camicia da notte bianca, rioccupando lo spazio di una foto o il verso di una poesia che lui le scrive.  Il resto della storia è un cambiamento di natura dei sogni, piccolissimi, duri, lo studio è una stanza e i nudi delle modelle sono tele bianche, la foto di Sandra è sullo scaffale più alto, un ricordo da guardare in segreto, un momento privatissimo.

poesia possibile

si potrebbe prendere un aereo selezionando
attentamente gli oggetti da portare,
sistemarci sulle teste il bagaglio,
evitando di perdere
dettagli, alloggiare in cabina
e sorridere alle improvvise perdite di quota;
dopotutto non c’è da temere,
siamo in una poesia del possibile,
al massimo potremmo registrare brevi
cadute di oggetti;
dalla mia borsa per esempio parole,
su questa versione
modificata di boeing 727-200, scopriamo
di essere un volo parabolico, subiamo
l’accelerazione di guardarci negli occhi
e restare in silenzio; schiacciati
contro i sedili, scriviamo un sorriso interminabile,
tutto considerato,
siamo in una poesia del possibile
e sperimentiamo l’assenza di peso fluttuando
nei pensieri, potremmo finanche
chiudere gli occhi e tenerci per mano,
osare,
tenere il calore nel reciproco incavo,
tutto sommato su questa versione
modificata è credibile
persino il salvataggio
di una stella o di un sogno aprendo
le mani, del resto,
un minimo corpo livido,
una particola azzurra, cos’è
se non l’inizio di una poesia in una poesia possibile.

la forma liscia del mio cuore

nelle prime ore, tu,
la poesia del silenzio
che lavora l’argilla morbida
del pensiero di te,
della tua bocca
che curva traslucida
sulla materia
dei versi – origine – che disegna
l’aria, facendo mattina,
giorno e sera
sul senso, sui miei 
gesti futuri,
avendo io
già svolti, sciolti e amati
i primi necessari
muovendo
l’aria e te
e la tua bocca che curva
sulla forma liscia
del mio cuore.

eccetera

come lavorano, velature
grossolane di inchiostro
le notti, pennellate
sferzate dalle mani algide del vento
di dicembre sulle figure ricurve
per strada, nell’atto
risibile di stringersi il bavero
e nascondersi i guasti -sparire-
tra setole dure
che spaccano
labbra e corpo,
tornare alla trama
della disaffezione e tesservi
roveti di ore, giorni, mesi, anni
e anni negli anni, eccetera eccetera.

bottega degli orrori virtuali

Si rende strettamente
necessario estirpare
dai luoghi masserizie
come margherite,
liberare ondate di odori
e spoglie,
numerare
i capelli caduti
nel lavandino,
le pose oscene
della bocca sul comodino,
intimare una resa fatale
all’inguine, agli addominali;
sgombrare, definitivamente,
il campo dalle protesi amorose,
-peccaminose-
porre in stato di fermo tutti
i discorsi vogliosi,
i saccenti,
le persone deprimenti,
le regole e le squadre;
la disciplina,
modulare un urlo
che apra la cortina
delle nebbie
definendo la figura dell’airone
cenerino, unico uccello
permesso nel mio acquitrino.

Controsenso

ti aspetto,
mi aspetti, non mi muovo,
tu resti a guardare, scrivi di come
lei sia immobile,
una credenza apparecchiata di paure,
lei che spolvera ninnoli mostruosi,
lei tutt’occhi;
i suoi occhi che
ti toccano la bocca,
inciampano sulle mani,
trovano modi per tremare
che smentiscono l’inverno,
allora, contrariamente ai sensi,
contromano, scrupolosamente,
garbatamente, usiamo la ragione,
scegliamo tracce
praticabili, per cui esista
svolgimento, adottiamo
una logica misurata
per fugare il dubbio.

cose da salvare

speravo di stracciare la notte, di ucciderla in un secchio con le sue quattro, il buio e i miei pensieri, volevo svuotarmi. Così, ho acceso la luce e la stufa e il fornello e guardato i minuti nell’ora e l’ora nel giorno e il giorno nel mese e il mese nell’anno e gli anni nel tempo e in me, ho aperto il libro dimenticando la stufa e i minuti e la notte. Ma certe pagine dispongono ulteriore miseria su una tovaglia già logora, strisciano lungo la greca del solo bicchiere che nel romanzo è il superstite di una nobiltà decadente e nella mia vita baluardo di resistenza