Emilia Barbato – geografia di un orlo

Nell’autopresentazione l’autrice dice: “…penso che la morale viva negli occhi dei bambini,… Un sorriso per il bene, le lacrime per il male”. E ancora: “siamo luce o ombra?. Può sembrare una visione manichea dell’universo, ma i versi dipanandosi, ci offrono una visione intimistica, esistenziale, venata da pessimismo. Un oceano senza porti, la quasi impossibilità di approdare: “Le increspature delle acque/ ci portano lontano,/ ci dividono perfino nei ricordi”. La poesia di Emilia è fatta di cose, di un’esistenza dura come pietra, è sempre presente a se stessa, lucida, non regala aggettivi, come un albero colmo di frutti penetra le radici nella sua realtà,  il soggetto reale è la Poesia che svela l’immagine d’amore che si nasconde dentro- E’ un viaggio ad ostacoli la ricerca dell’amore. Avevo accennato ad un manicheismo che in realtà è dualismo tra amore e bene dell’universo che vive come immagine prototipa e si va a scontrare con l’immagine esterna all’io. E’ inconciliabile la visione del bene e del male dell’interiorità con quella che si trova fuori di noi. Come dire che ci innamoriamo dell’immagine d’amore che abbiamo in noi stessi.. Da questa situazione nasce la visione pessimistica, perché l’ego si frantumerà sempre come un vaso di coccio contro il mondo esterno.

Emilia, come i veri poeti, il verso lo sente arrivare: “…in me, quando i rami  hanno  visto nascere le prime foglie”. La Barbato tra accogliere e sopprimere il verso che nasce dentro, ingaggia un “duello”, Quindi non un endecasillabo facile, ammiccante, ma gocce del suo esistere. Rigorosa, essenziale, pudica nello svelarsi. Come donna è restia a concedersi all’amata poesia e “sentirlo fiorire dentro”. La Barbato è madre e sa come cresce dentro la vita. Poesia al femminile?  Sarebbe diminuirla. Per la poesia di Emilia non mi vengono in mente discendenze. Lei è una figlia del nostro tempo e vive la poesia in modo originale. Se dovessi trovare una traccia è Emily Dickinson.

Emilio Paolo Taormina

 

 

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nel profumo dalla terra niente è calmo
come il vento che scivola sull’erba
o il chiaro delle nuvole che muove il cielo,
la forma snella delle foglie suona 
il flauto traverso del grande prato
e la tortora detta un oracolo dal vecchio
noce, allontano l’inciampo, fisso
il salto azzurro che mi attraversa la mano.