questo video è un dono bello di Nadiya Yamnych
provare l’esistenza
di un raggio di sole
che anima un paesaggio
desolato di lamiere
è come cogliere il respiro
dell’universo, la mano
a misura di pagina,
fioriamo
E la luna – in un cielo di poco più scuro – lo guardava dall’alto. Come dimenticare? Egli disse. Altro non esiste che un passo di polvere nella fame del vento. E dopo gridò come un falco e negli occhi l’alveo delle nuvole dove scorre tutto il tempo e nelle mani la sua natura umana, immoderata.
questo video è un dono bello di Nadiya Yamnych
provare l’esistenza
di un raggio di sole
che anima un paesaggio
desolato di lamiere
è come cogliere il respiro
dell’universo, la mano
a misura di pagina,
fioriamo
Camminare e fissare le nuvole
in transito come macchine,
sono strane le piccole donne
hanno gemme rotonde,
un po’ imbronciate, e lanugine
di pinguini appena visibile i compagni,
si direbbe che Astrea abbia abbandonato
la campagna, le brume, e si muova
ai margini delle strade, i giovani
bocci, innocenza alla campanella delle otto,
moderna Dalloway attraverso viale Brianza,
un’avvisaglia irrevocabile dell’ora, il rintocco
La prima volta che ho ascoltato una poesia di Guido Cupani ero a Venezia, almeno credevo, da allora l’intero universo ha iniziato a sussurrare nei versi e io ho visto ogni singolo astro e ogni rotazione, l’intera levità del cosmo nei miei occhi. Mi sono avvicinata piano e gli ho chiesto una dedica per un libro di poesia che rileggo continuamente, Guido mi ha insegnato la grazia dei passi di una formica su un libro celeste e quanto la fisica sia vicina alla poesia. Ora trovarmi nelle sue parole mi onora, mi sento felice e molto molto piccola. Grazie Guido e grazie a Perigeion per questo spazio prezioso. Vi sono grata.
di Cupido
L’equazione attorno a cui è costruito il nuovo libro di Emilia Barbato, Il rigo tra i rami del sambuco (Pietre Vive 2018), è di una semplicità lampante:
corpo = terra.
Dovremmo anzi scrivere
corpo ⇄ terra,
perché il mondo di Barbato non è quello di Parmenide ma quello di Eraclito: un flusso continuo di immagini e percezioni. In queste pagine il piano di lettura è duplice: a un livello immediato il corpo è quello della madre, aggredita dalla malattia, mentre la terra è la “terra dei fuochi” di cui tutti conosciamo lo strazio. Ma il dato specifico è solo un exemplum: il corpo è qualsiasi corpo malato, la terra qualsiasi terra (forse addirittura l’intera Terra) martoriata. È in questo riflesso che la biografia diventa poesia. Leggiamo:
*
È benigno?
Perdoni la domanda,
io non conosco la parola storta
che cresce nell’intestino di mia mamma.
**
Ha freddo!
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declini in grammi di distacco
tre volte i tuoi versi, la voce
profanata dai giochi colorati
di una fontana, hai nel corpo
quieto il potere delle erbe
e delle streghe e urli di volare
ai tuoi sensi, in alto, in alto
la luna è un mare di mercurio
dove ci bagniamo, giù la mano
scopre il prato del vestito,
siamo l’impulsività delle lingue,
chiediamo assoluzione.
è come imitare un artropode
con i polpastrelli, una lentezza
di senso orario sulla mammella
-lingua di immortalità si credeva-
poi la nostra cara e breve
giovinezza in un lenzuolo
tolto dalla pelle, una particola
di sangue, un palpito.
Ringrazio Alessandro Canzian per l’attenzione concessa ai miei inediti.
http://www.laboratoripoesia.it/il-vento-e-il-narciso-emilia-barbato/