Soffri, dici,
del mio sguardo smarrito, ribadisci,
perso nelle declinazioni della
parola ‘assenza’,
ma esprimerti il mio turbamento,
la riluttanza a scrivere,
non è che la sintesi
dell’attimo rivoluzionario di libertà
che nasce dal rifiuto
felice dell’ipotesi
di una mia voce
sulle cose che taci
e dalla venerazione privatissima
degli scintillii della collana
sul pallore del mio collo nudo,
appena ieri palpitante sotto le tue dita.
Mese: aprile 2014
Adagio ma non troppo
Vedi, se solo sapessi scrivere
una parola che non cada
nell’uso convenzionale
del termine ‘bellezza,‘
se riuscissi a racchiudervi
tutta la purezza di quegli sguardi
e la fragilità dell’andatura sbilenca
ampliandone il suono, come fa
quel varco che curva le gambe
o la piega arruffata della parrucca,
se fossi capace di includervi il pudore
e il bisogno di comprensione, la
necessità di combattere la curiosità
di chi non conosce, direi –
con amore – di un’umanità fiera e
della curva liscia del suo cranio.
omaggio d’amore poetico [9]
Ecco, quando succedono queste cose, queste meraviglie inaspettate, io mi emoziono e tanto.
Grazie Antonella, ne sono così felice.
a Saint Guilhem le Désert, tra
la torre dell’abbazia e la piazza, una vetta;
sommità di solitudini
e laconico riparo dei sogni.
Calchiamo vestigia romaniche
proiettando l’ombra dei nostri corpi,
li incoraggiamo ad esistere tra le stradine
medievali e l’odore dei formaggi
nel sacchetto di carta che tieni tra le mani
-resistere nell’immagine felice di un pasto-
porti una baguette alla francese e ne ridiamo
complici e prigionieri
di un nostro tempo,
epifania
in cui vorrei
saper restare, evitando di precipitare
ancora nell’inverno,
ma a noi sono concesse solo
dolorosissime separazioni
e il ripetersi inclemente dei giorni,
l’agguato brutale dell’assenza, lunedì,
la dispersione nei sorrisi accondiscendenti del martedì,
l’affanno, e siamo solo a mercoledì,
il respiro che sa portare ogni giovedì,
e poi venerdì, sembrerebbe un indizio di felicità
che ci restituisce alla famiglia,
eppure, in sabato e domenica,
troviamo sempre la stessa condanna.
—
folìa
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Nel suono appena udibile delle parole
Entrando quietamente nelle sere
gli occhi ormeggiano
al ricordo del corpo,
quando si ispessisce
il silenzio e la memoria
ricostruisce l’eco dei passi
– nel suono appena udibile
delle parole – mi chiami
e il gesto amato delle
mani inventa la luce
per scolpire il tuo
profilo nudo.