Regioni a sottrarre

Il movimento distratto
apre un’emergenza,
come un segno sfuggito a Dio,
tracimi rabbia,

fortunatamente, l’inciampo
è una minuzia,
il pretesto per superare
con successo una crepa,

intanto, la vera memoria breve
è in fuga,
un’intera regione
della coscienza sparita,

avanziamo incerte,
siamo il passo maldestro della vita,
il provvisorio che accende
una scintilla di premura

Lanterne

Ed io, oggi, guardo avanzare
quella piccola screpolatura
nel canale lacrimale
che farfuglia le tue fragilità,
e tu ti tocchi il ventre
mentre un borborigmo
sinistro spaventa entrambe,
ti chiedi mai quanto
io abbia amato
ed ami la donna
dagli occhi furbi così bella?
e quanto tempo sia passato
dalla tua gonna a campana
e la mia tuta blu
chiusa con la lampo?
Si era nel pieno del vigore
e tu in carne; mi domando spesso
che fine abbiano fatto
le lanterne in carta di riso
e gli anni semplici che vi brillavano.
Quand’è che le abbiamo svanite?
eppure, malgrado fossi una
bambina, avevo già
compreso il tuo sacrifico/amore.

Capoversi di una denuncia

I – Aria

Il miasma dei roghi d’immondizia è
un urlo sordo che sale dalla terra,
il presagio dei cieli torvi sopra Dachau,
la fine negli inceneritori,

un sintomo del danno efferato
che i parassiti della specie
ci moltiplicano dentro, il luccichio diabolico
delle pupille che controlla la sparizione delle scorie.

Il fumo acre allenta appena
l’ossidazione dei tramonti
e dissimula la malvagità
delle molecole pesanti,

piove sulle campagne una polvere calma,
diossine silenziose
curvano le cime degli alberi
e degli ortaggi e imbiancano il bestiame.

II – Terra

Rumina mansueta un’erba che ammala,
tra i denti ripassa il destino
senza posa, finirà
i suoi giorni in un piatto,

inconsapevolmente, cresce
la vendetta fredda delle cellule, mentre
le tremano negli occhi,
la follia dei cassonetti in fiamme e figure di uomini infuriati.

Le urla e la ferocia degli sguardi
guastano, ulteriormente, lei
e il paesaggio di periferia,
alterata, ruota la coda,

come per allontanare
gli uomini, molesti più delle mosche,
e torna alla sua
esistenza rassegnata.

III – Acqua

Le ombre dei faggi si allungano sui prati,
in un crepitio sinistro
di rami, si stendono
offrendo l’orecchio

al mormorio sotterraneo
delle acque, così come nel settimo girone dantesco,
i violenti ci preparano il fiume di sangue
e i cancri che falceranno le nostre vite.

Le correnti del fiume Isclero
spezzano le sagome riflesse
del paesaggio fluviale, immettono, a monte
e a valle, dosi massicce di mercurio

nell’acquedotto Carolino,
fanno cerchio intorno
alla terra dei veleni
dove si consuma un biocidio.

IV – Fuoco

C’è sempre un jingle musicale
rassicurante ad accompagnare
le mani nei reparti dei supermercati
e prodotti accattivanti sugli scaffali,

la patina bugiarda dell’economia che non arresta,
ma confeziona e distribuisce al mondo, i frutti della terra
dannata, dove gli sciacalli hanno sversato
pagando clan e cosche,

ci contaminiamo ogni giorno
un po’ di più, tra l’indifferenza dei mezzi
di comunicazione,
ed il silenzio-assenso delle istituzioni.

V – 048

Ci hanno tirato addosso
una bomba nucleare e nessuna
bonifica, nemmeno una parola
di commiato

fibrosarcoma
angiosarcoma
mixosarcoma
adenocarcinoma
linfoma
linfosarcoma
carcinoma renale
epatocarcinoma
cancro della laringe e della faringe
carcinoma epidermoide
medullo blastoma,
carcinoma della mammella
carcinoma colon-retto
arcinoma tiroideo
meningioma
melanoma
adenocarcinoma pancreatico

cadiamo tutti nel tempo,
uomini,
donne
e bambini