così dispersa,
meticolosa intorno al polo
senza mai raggiungerlo,
secreto cristallo
e lamine, iridescenti durezze
dove si ritira la paura,
l’istinto primordiale
della fuga.
La formazione della conchiglia
è lenta e troppi mesi
scavano il nicchio; l’oceano
ha profondità inarrivabili per le grazie.
Mese: giugno 2015
impoetica
raffila lavori e parole,
pareggia dissonanze,
asseconda il bisogno
esatto di silenzio.
– le ripetizioni sono
fenomeni di erosione
che spianano il cuore-
difetti di punzone,
un’incisione seria vuole-
io voglio-una morsa e un fuoco,
il rigore di un assedio,
un segno.
trotter
sull’asfalto dell’area
agricola riconvertita
crescono filari
di pallidi mattini,
le rogge chiare scorrono,
immutabili come il tempo
che ha visto compiere
la ferrovia e se
nel bacino della sua manodooera
la misura degli eventi fulmina,
tra il tiglio selvatico, l’olmo
l’ailanto e l’ippocastano,
tutto è uguale,
sempre accolgono le pause
del volo tra i tetti dei rondoni,
sempre, i labili gridolini dei bambini.
in sintesi
minima e duttile,
ogni naufragio porta con sé
lo stato di grazia necessario
per una sottrazione,
la misura esatta di una proporzione, un enunciato,
“io sto a me come il caos sta al determinismo”
seguono empirici esercizi di funambolismo, miracolosi
equilibrismi tra tetti soleggiati e carogne di piccioni.
simurg
un ramo eterno
come posatoio
simurg dove
annullare l’instabile;
il tuo necessario
fuoco per liberare
i semi, le specie selvatiche,
l’idioma indecifrabile
della mia passione;
il rombo della tempesta
e dentro il suo silenzio,
l’antica via dei canti.
mm
A
lui è alto 1,75, io 1,80 circa. È mezzo vuoto, sacrifico insalate e frutta e mi faccio sua ospite, ah! se non fosse per la tempesta di neve che si porta dietro.
B
chiudo la porticina di vetro, apro la doccia, formerei un acquario naturale se la finestra non lasciasse fuggire acqua e policheto.
C
resto basita, sciogliendomi, raccolgano le lenzuola le acque di questo pianeta.
in centro
e se ombrosa e piccola giro
tra guglie e vetrine, se accordo
le sassaiole dei tacchi,
i passanti e i ritmi,
l’asfalto mi attira e trema
e la città colpisce con la mano
di un miserabile, un vuoto,
lì, dove ipotizzavo
dita tra i capelli e un fiato
per le nostre bocche,
pervade l’odore
di ferro metropolitano.