Susino in fiore

Tra me e l’immagine
allo specchio la stagione
perduta
della spensieratezza.

Le legioni nemiche,
ritirandosi, scoprono
i solchi e le lande aride
del volto,

enumerano, sullo sdrucciolo
delle preoccupazioni,
tutti gli inciampi, chiarissimi
nelle posture severe della bocca, intanto,

lontano dalla precipitazione
del mio mondo,
fiorisce un susino
nel suo rigoglio solitario.

Invisibile

Il pomeriggio si interrompe
nell’ombra dello scivolo sul prato,
malinconico resta a guardare
il tempo maltrattare sé e le bandierine

nel vento, recitano in coro un nome, life,
centro sportivo o testimonianza breve del mio passaggio?
i morbidi cinguettii sono sopraffatti
dalla prepotenza del tosaerba lontano,

bellezza e orrore di questo mondo,
soglia sottilissima su cui oscilliamo,
l’aria rimanda le voci
allegre dei ragazzi

e l’approssimarsi del tramonto,
l’accendersi sinistro
di un cielo inimmaginabile in passato,
colori liquidi che presagiscono

la nostra dispersione disegnando con le nuvole
la follia della civiltà postmoderna, l’irrazionalità
della specie intenta a classificarsi in un gruppo,
mi rincuora questa mia resistenza,

la capacità di veder proliferare i pensieri
in un giardino muto, la voglia e la gioia
di estirpare la pratica dei giorni,
di essere una falla nel sistema con la mia invisibilità.

la canzone del nulla

a Saint Guilhem le Désert, tra
la torre dell’abbazia e la piazza, una vetta;
sommità di solitudini
e laconico riparo dei sogni.

Calchiamo vestigia romaniche
proiettando l’ombra dei nostri corpi,
li incoraggiamo ad esistere tra le stradine
medievali e l’odore dei formaggi

nel sacchetto di carta che tieni tra le mani
-resistere nell’immagine felice di un pasto-
porti una baguette alla francese e ne ridiamo
complici e prigionieri

di un nostro tempo,
epifania
in cui vorrei
saper restare, evitando di precipitare

ancora nell’inverno,
ma a noi sono concesse solo
dolorosissime separazioni
e il ripetersi inclemente dei giorni,

l’agguato brutale dell’assenza, lunedì,
la dispersione nei sorrisi accondiscendenti del martedì,
l’affanno, e siamo solo a mercoledì,
il respiro che sa portare ogni giovedì,

e poi venerdì, sembrerebbe un indizio di felicità
che ci restituisce alla famiglia,
eppure, in sabato e domenica,
troviamo sempre la stessa condanna.