Blanc de ta nuque

E’ un onore immenso essere tra le voci di blanc de ta nuque ed è una gioia infinita questa bellissima nota di lettura di Stefano Guglielmin . Grazie per avermi accolta sul tuo blog che seguo da tempo. Grata.

“La poesia di Emilia Barbato ama i dettagli, ma per farne subito emblemi della vita già stata, della vita che lascia le proprie tracce in quei fulgori ed è già malinconia. L’elencazione ne dice la sostanza, che il ritmo mette in movimento verso il futuro, pur conservandone, nelle scelte lessicali, i tratti funerei. Queste soluzioni sono evidenti nel primo testo presentato, con l’aggiunta di un procedere analogico, che si attenua nel secondo, in nome di un preziosismo descrittivo volto ad estetizzare ed eternizzare il femminile messo in scena. Soluzione forse in debito con lo stesso Vittorio Bodini citato nella terza poesia, nella quale elencazione e gusto per un ritmo sincopato s’intrecciano di nuovo. E così a seguire, sempre tenendo a mente la lezione del simbolismo a cavallo tra Otto e Novecento, per il quale poesia e musica sono sorelle, a dipanare la foresta dell’esistenza, per riconsegnarcela in un intreccio sonoro, dove il mistero della felicità si tramanda di generazione in generazione come qualcosa che abbiamo sfiorato, ma non adesso e non qui.”

Continua: https://golfedombre.blogspot.com/2018/11/emilia-barbato-inediti.html?showComment=1543401501773#c4865731032626541844

Daita Martinez per Emilia Barbato

Ringrazio Daìta per questa sua nota di lettura, che nota non è ma è poesia, così tutto appare gestibile, ogni passo sopportabile, ogni peso possibile se come ricompensa ha la luce pura e la levità che Daìta coglie. La ringrazio per questo dono bellissimo e ringrazio la rosa in più per questo spazio nel suo giardino.

larosainpiu

il rigo tra i rami del sambuco

il rigo tra i rami del sambuco di Emilia Barbato, nota di lettura

tutti i titoli dell’assenza ne il rigo tra i rami del sambuco, di Emilia Barbato,conseguono in quell’uno qui molteplice di donna tra le donne e tra le donne, come replicate a due a due le foglie, una madre. D’intensa levità la parola, il suo schiudersi candido fiore nel Verbo nonostante la paura distillata nella cura che domanda per scorgere un rifugio dal dolore che sia pur in un fragile e magrissimo suono la screpolatura che farfuglia nell’attesa di un gesto in sospensione sul corpo amato, ammalato, ventre-terra che s’incendia.

Una stanza privata e universale è la fitta che sgorga dal rigo al viso, nelle braccia del sambuco.

È la stanza della madre.

È la stanza di ogni donna ramificata sulla terra e che è terra cadenzata in un canto d’afflizione.

È la stanza che una…

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*

da te a me, per sempre, gli esili
bastoncini del palazzo alle quattro
del mattino, le nervature del legno,
le tue mani, mio costruttore di sogni.
Già da un anno recito con lingue
di vento suppliche segrete, imploro
-formando una bocca irascibile-
sette tornado perché ti scuotano,
ti attraversino stanandoti in una
terra dura, molto calda, portando
il mio nome a te indocile, che sia
fiamma, invito, palpito improvviso

*

uno specchio d’acqua cerchiato
al centro, zampe aeree di aironi,
i rami dei salici hanno foglie
e un’aria bianca di memoria.
La tua figura contemplativa è
un atto irreversibile di bellezza,
la tua bocca il contrario
e il diritto di ogni parola,
rievocarti come le onde viola
del mare, Omero in quest’ora
mi graffia il cuore con l’unghia
sottile nel calice del mio vino

*

dall’empireo a uno schianto
i rovinosi salti d’acqua, le pietre
in fondo, nell’erba bagnata
la valle dorme, sotto dita purpuree
d’ombra, tra le teste dei ciclamini,
una nebbiolina viola, le foglie cadute
e su ogni cosa, in ogni ciglio, tu,
l’Eden che tace
io errando, in un seguitare
di ricordi, di strade, cerco
il nostro paradiso, quel luogo,
amore, che hai voluto evitare.

*

inizia il giorno con un chiaro
di luce sulle strade e un’azzurra
pace nelle chiese, il tram suona
già da un’ora la nota segreta
del tuo volto e la mia fine
del mondo con una nuca nuda.
Mando a memoria il codice
intimo della tua bocca,
il moto rivoluzionario della lingua,
consumarsi fino alla fine
di una notizia, fino all’inaudita
certezza di un abbandono, male
da sparizione fuoriesce dalle vene,
perfino seduta in un bar, penso
a cosa mi avresti detto, in silenzio
guardo il bancone lucido di legno,
l’uomo che lavora al forno e le luci
poi ancora insieme in libreria
solo che tu non ci sei ed è mattina
e neanche scrivi: “ ciao, come stai?”

*

domenica mattina, flutto
di campane in cielo, Milano
è una stanza che suona
la corda intima di un ricordo.
La sabbia rosa di Budelli,
la pellicola di deserto rosso e lei
che dice: “Se io dovessi partire
per non tornare mai più, porterei
via anche te” se un remo d’aria,
un ramo di tempo, le venature
croccanti nella terra d’autunno,
se solo la donna potesse cadere
tra le braccia del suo uomo
come una foglia che torna
e germoglia, allora “si potrebbe
far l’amore a tu per tu con il nemico”*

* il riferimento è alla poesia prima parentesi di Maurizio Cucchi presente nel libro il disperso dove si legge “in fondo si potrebbe far l’amore a tu per tu con il nemico …”

*

dunque si bagnerà il foglio nel filo
rosso, verdeggeranno i muschi nelle mani
e le foglie crepiteranno sotto passi
di una pioggia fine, passi non tuoi.
Luccicheranno gli occhi e conterò
le diottrie mancanti cercandoti,
versando e centrando unicamente acqua,
un prato bianco solo mio, cresci insieme
a draghi, castelli e milleuno fantasie,
le mie battaglie per ogni cellula distrutta,
ora di corvi e medicine e piccole bambine
le teste, i peli del pube, delle braccia
e ogni cosa cadrà, ogni cosa che è stata
ora è una baia dove nudi strisciano
i paguri e vuoti gusci suonano
al suolo tra bocche di vento

“Il rigo tra i rami del sambuco” di Emilia Barbato. Nota critica di Deborah Mega

Deborah cara grazie per questa tua splendida lettura, grazie per lo spazio che hai dedicato alla mia raccolta poetica. Grata per tanta cura.

LIMINA MUNDI

L’ultima produzione di Emilia Barbato è una preziosa plaquette edita da Pietre Vive nella collana iCentoLillo e illustrata da Nadiya Yamnych. Si tratta di una silloge dedicata alle grandi donne che formano una donna: la propria madre, la propria nonna, la terra che brucia di notte, scrive l’autrice. I testi che compongono la raccolta hanno i tratti della delicatezza, perseguono una poetica delle piccole cose, incantano con la suggestione delle immagini: a partire dal titolo, che evoca, insieme alle illustrazioni originali della Yamnych, atmosfere giapponesi. Sembrerebbero scene di vita quotidiana, è ritratto infatti il paesaggio urbano fatto di palazzi, antenne, case affacciate all’abitudine, centri commerciali, se non fossero scandite da istantanee di senilità, da naufragi di relitti, da vuoti, assenze e sottrazioni. Tre sezioni costituiscono la raccolta: la prima reca l’acronimo dell’antigene carboidratico, un marcatore tumorale, l’altra è indicata dal numero di un paziente oncologico che, procedendo nella lettura…

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