Franca Alaimo per Emilia Barbato

Ringrazio di cuore Franca Alaimo per tutto lo splendore che ha donato ai miei versi, per le emozioni donatemi e ringrazio Salvatore e la redazione della rosa in più per aver dato spazio al rigo tra i rami del sambuco, felice.

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Il rigo fra i rami del sambuco
di Emilia Barbato
pietre vive editore, settembre 2018

La poesia di Emilia Barbato si misura in questa breve e raffinata raccolta con una materia incandescente, tanto prossima è a un dolore privatissimo, come può essere quello per la salute della madre minacciata da un tumore.

Eppure la sfera personale non sovrasta mai le ragioni della poesia, che trova il suo assetto iconologico nella quotidianità del paesaggio urbano e delle sue periferie (palazzi, antenne, cortili, centri commerciali) e nella ciclicità della natura che in questi versi accumula varie cromie e luci e cieli, fioriture e sfioriture, a seconda delle stagioni,

L’assillo bruciante del male (individuale e insieme universale) s’incentra, allora, sulla questione del tempo, evidenziando lo stato d’animo dell’attesa come desiderio di luminosità e di grazia future nell’alternanza notte/giorno; inverno/primavera; infermità/guarigione.

Questo atteggiamento, investendo il metodo cognitivo, finisce con il coinvolgere la contraddizione intima…

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*

siedo raccolta, la luce
è una squama di salmone
e tasselli di ali la libellula
bordata di rame,
qualche rubino sulla giovane
donna, i seni scolpiti, la cavità
dell’ascella, forse l’impronta
e il calore di un bacio, certe
parole impossibili come
passi delle dita sulla polvere
o l’odore e il frutto carnoso
di un ananas, vorrei avere
la pazienza della pietra, la fede
nel mondo, solo
perché è giorno e apri gli occhi
senza dare alcuna notizia

*

confini, doppie sponde
ferite, i primi fulgori
sull’alveo, i nostri vuoti,
quei piedi mancati
che siamo, nudi e suonanti
sull’assito, quarantacinque
giri in copertina sottile,
l’inizio di una sedia, i vestiti
sulla spalliera e quel poco,
la minuzia di Strand che è
amore, appena raggio
per sempre sulle bocche
di leone, di lince, di fiaba
e orrore mio tutto vento
io come l’albero
eternamente spoglio,
tra i rami, sento salire
gelo e canti e da lontano vedo
la figura malinconica dell’uomo
che si versa da bere in un privé

*

al limitare trasmuta
la mia soglia dove tu
cominci, con alterno darsi
dischiudiamo il segreto
dei simbionti, fungo
e alga, lingua verde
delle creature senza
bocca e se mi continui
e io ti contengo è il tuo
bene la coppa colma
e il senno della mia
esistenza, bere senza
più il male del nastro
rosa vedi come ogni
cosa splende?
Un’insperata energia
versa la crepa, la diciamo
mutazione delle cellule
o evoluzione della specie?
Esseri di luce confluendo