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È in un cerchio di spuma e di luce
che mi frango insieme ai soli d’acqua.
Per gravità l’onda si apre nello spazio
e si ritira in una grafia di granelli.
Brilla nella regola la parte
rende al cielo il suo tutto
e lo specchio di sabbia ritrova l’astro
intero; un portato rapido di azzurro,
un’orma subitanea. Come cambia la spiaggia,
la santolina si allunga
un po’ di più dei gigli
[che di mattina hanno il fiato
addolcito di latte così chini
ai piedi del ginepro] e i legni stanno su
secondo il carattere di chi li ha disposti ieri,
oggi i gusci delle arselle sono
ancora più vuoti e levigati,
bianchi come minute ossa di mare.
Qui, dove tutto muta, “quale peso ha mai l’uomo?”

*

Questa mattina inciampa
in una camicia da notte troppo lunga,
le sue ossa (puntute) restano
nel poco di una breve stretta,
un ricordo avvolge l’amaro del caffè
nel freddo della tazza
e le tortore si muovono appena sui tetti

– in un frullo d’ali due richiami –

In questa mattina guardo il domani
con lo sguardo di un vecchio
che ho visto a Le Havre.
Puntava il mare
seduto su una sedia da regista.
Dal suo baracchino di legno
bianco si teneva la testa e guardava
e il cielo gli prometteva pioggia
e i sassi tiravano un respiro di sollievo
ma lui no, lui era una rupe sull’arenile.

La sigaretta

Sikhara, seme di parola, 
alla sommità del cilindro i fianchi 
tremano un po’, provvisori 
rovinano. 

Più in basso un orlo di fuoco 
spumeggia, anello nero di calore 
sposa in eterno
vita e morte nel tabernacolo.

“Il desiderio è spietato/come il sepolcro/carboni roventi sono i tuoi fianchi/ Una scheggia di Dio infuocata”. 

Due amanti nuovi 
per il cantico di Salomone nel mio fiato 
ormai amaro.
È lontana la dolce; 
piccola morte creatrice. 

La sigaretta è un sasso che viola la superficie.

Cade fino in fondo, tocca un miscuglio che si leva in obliqua fluorescenza. Gli occhi tondi delle creature osservano dal semibuio un'operosità di due o tre superordini. L'inerte freme. La definiresti una pace di pietra, ma la stasi è moto cullato da lingue agili di corrente, nuclei intorno a cui ruota l’invisibile. La discontinuità della materia. 
Lenta trasformazione.
Essenza di cenere e vertigine, mia infinita piccolezza davanti alla vastità. Anche questo corpo come una foglia di tabacco si disfa.