Emilia Barbato, Nature reversibili. Nota di Giorgio Galli

Ringrazio Giorgio Galli per la sua bella lettura e la redazione di Poetarum Silva per lo spazio concesso.

Poetarum Silva

Emilia Barbato, Nature reversibili, LietoColle 2019

È una pace malinconica la sera,
la luna nuova si allunga
sul colonnato con passo d’uomo
e rami nudi, pensi alle dita nodose
di un Dio padre posto al centro
del portico e a figure grottesche
guardando l’ombra dei palmizi, è
un edificio religioso questo corpo.

Una rapsodia di canti d’amore. A Emilia Barbato la forma poematica dev’essere congeniale, se sia il precedente Il rigo tra i rami del sambuco (Pietre Vive Editore, 2018), sia questo Nature reversibili (LietoColle, 2019, con prefazione di Maurizio Cucchi) sono raccolte di poesia brevi e cucite insieme da un filo conduttore intenso – l’analogia tra il cancro della madre e lo scempio della Terra dei Fuochi nel Rigo, le misteriose armonie dell’amore in questo. L’amore di Emilia Barbato è solenne come una fede ed è affidato a un canto misurato, trattenuto, interiorizzato. È un amore assoluto, ma…

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stare così, distaccati,
come precipitati in un’era
di cui abbiamo perso
traccia, restare un’intuizione
di elettricità o il clamore
lontano dell’onda d’urto
che segue la folgore, essere
l’attività luminosa del cielo
che dimentica la sua infelicità
e muta forma e colori e voce
e si guarda perdendosi,
tentando di trattenere
quell’unico fosfene capace
di fermare un attimo o per sempre
il tempo che si gonfia
in una vela lineare, bianchissima