Franca Alaimo su Primo Piano Increspato

Grata a Franca Alaimo che oltre ad essere una brava poetessa è anche un’ottima critica.

Una traccia narrativa tiene insieme le tre sezioni in cui si divide la silloge poetica “Primo piano increspato” di Emilia Barbato, dalla lucidissima consapevolezza della precarietà dell’esistenza ( ‘In rosso’: da leggere come la sottolineatura di un errore lieve, tollerabile e anche come un vago richiamo ad una sensualità in gemmazione): “Se ne va/ instabile lieve”, “un peso di polvere”, alla ricerca di un approdo (“Voci da un pontile”), che ora è il cielo, ora il mare, ora il cuore, ora la scrittura, in un eterno oscillare che ricorda “Il battello ebbro” di Rimbaud: “Battello perduto/ si allontana dal pontile in creste d’argento”.

Nella terza e ultima sezione il movimento sembra trovare quiete in un hotel (“L’ hotel”), dove i “clienti,/ caduti come rami,/ hanno un portamento strisciante”. Un luogo surreale, polveroso, cadente dove perfino i fiori sono sciupati, senza luce, e nelle cui stanze “l’immateriale chiede di entrare dall’interstizio”.

Sembra che la vita vi trascorra come la copia sbiadita di un’altra e che in essa s’innestino a volte frammenti di ricordi, lampi di grazia immaginaria, tra oggetti lisi e disordinatamente accatastati, ragni, falene. Come se il passaggio da una sponda all’altra non fosse che lasciare uno stato transitorio per approdare ad un altro anch’ esso tale.

Nella rete verbale, tuffata in flussi d’acqua, di nuvole, di pensieri carichi spesso di aggraziata indecifrabilità, restano impigliate le pagliuzze d’oro (nomi, simboli, luoghi) del mito, della storia e tradizione classica e non solo: costellazioni di riferimento all’interno di una vaghezza senza fine, perenne e antichissimo sguardo sul mondo, e, infine, esigenza di armoniosa intelaiatura di suoni.