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A Stefano che scatta una foto magica alle otto e parla di luce perduta

e la fiamma non ha più l’urgenza del vento
se non per le lingue posate sulle teste
in nome della luce perduta che fa della pietra rosso
monolite e fitto un silenzio di velluto,
bruno, raccolto, sulla campagna;

poi le prime acque delle margherite,
talvolta la neve, le piccole crepe,
il magnete.

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